Una città che si racconta tranquilla, ma vive un disagio crescente. Le istituzioni minimizzano, i cittadini si rassegnano. E intanto, il disordine cresce.
Parlare oggi di sicurezza nel capoluogo irpino è come inseguire una chimera.
Le istituzioni — con l’eccezione della Procura — sembrano impegnate più a minimizzare che a comprendere la reale portata dei fatti.
È la solita retorica dell’ottimismo forzato, quella che confonde il rassicurare con il negare.
La Questura invita a guardare agli episodi criminali del passato, quasi a volerci convincere che i tempi odierni non siano poi così gravi.
Il questore Pasquale Picone, in un suo recente intervento, non ha certo paragonato Avellino a Sodoma e Gomorra — anzi, ha respinto l’idea di una città fuori controllo.
Eppure, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la percezione dei cittadini racconta un’altra storia: quella di un territorio in cui la microcriminalità cresce e il senso di impunità si diffonde.
Il rischio, oggi, è proprio quello di abituarsi.
Di accettare l’anomalia come normalità.
La volontà di non allarmare finisce per anestetizzare l’opinione pubblica, e per alimentare quella zona grigia in cui tutto è possibile.
È un atteggiamento pericoloso, già visto nella storia: anche Hitler, agli inizi, fu considerato poca cosa.
Il resto è noto.
Mai come in questa epoca la classe politica — a ogni livello, locale e internazionale — mostra crepe profonde.
Tanti si autoincensano raccontando menzogne con spavalda disinvoltura, e anche la società civile, oltre ad essere addormentata, è troppo succube dei figli, pervasa da un’apatia che la tiene lontana da ogni impegno, delegando sempre alle Forze dell'Ordine.
La falsa narrazione è diventata la filosofia dominante, quella dell’incapace, o peggio, del furbo travestito da competente.
E chiunque si ribelli, ecco che diventa immediatamente no-vax, putiniano o pro-pal, e perfino antisemita e complottista.
Etichette buone per screditare e per evitare di argomentare, un espediente comodo che nasconde la vera malattia del nostro tempo — un’immarcescibile disonestà intellettuale.
Il capoluogo irpino è oggi preda di personaggi che non sanno fare il proprio mestiere.
E il problema non è solo loro, ma anche di chi, per abitudine o convenienza, finga di non vedere.
L’assenza della Polizia Municipale nelle zone più critiche per abusi e circolazione, la Polizia Penitenziaria che parcheggia i furgoni sui marciapiedi, gli ambulanti che agiscono senza regole.
È un continuo scambio di responsabilità e competenze, che finisce per alimentare proprio ciò che si vorrebbe combattere a parole.
La strafottenza è diventata la forza dei mediocri, assurti a protagonisti di un copione che si ripete.
Finché continueremo a fingere che vada tutto bene, non potremo lamentarci se la realtà — quella vera — ci presenterà il conto.
RDM
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