Gianfranco Rotondi, noto più per l’agilità nei salti politici che per coerenza ideale, riappare sulla scena locale con una delle sue solite capriole.
Questa volta, lo troviamo intento a difendere le sue scelte pre-elettorali in occasione delle comunali, e lo fa schierandosi apertamente al fianco di Gianluca Festa e Laura Nargi — una difesa che ha coinvolto persino il Vescovo, in una scena che sa più di sacrestia che di aula consiliare.
Non pago, Rotondi si è anche scagliato contro il suo ex partito di riferimento, Forza Italia, accusandolo di boicottare Fratelli d’Italia.
Un’accusa che sa tanto di resa dei conti personale, più che di analisi politica lucida.
Noi, da parte nostra, abbiamo già stigmatizzato in più occasioni queste posizioni sempre più clericali e — cosa ben più grave — apertamente ostili verso la magistratura.
In particolare verso la Procura e il suo capo, che sta facendo il proprio lavoro nel rispetto della legge e con la determinazione che certi ambienti evidentemente, non tollerano.
Quando la politica si piega alla difesa dell’indifendibile, e si unisce a certa retorica anti-giudiziaria che cerca di screditare chi indaga, allora il problema non è più solo elettorale.
Avellino, ormai, non è più solo un capoluogo di provincia ma anche la capitale dell’intrallazzo. Un luogo dove il confine tra potere e malaffare si è fatto così sottile da diventare, in certi casi, indistinguibile.
Il Comune e la Provincia, nel tempo, sono finiti più volte nelle maglie della giustizia. Non per accanimento, ma per fatti concreti, atti, indagini, arresti, imputazioni.
I numeri e i nomi parlano da soli.
Eppure, ciò che più preoccupa non è solo la frequenza con cui le istituzioni finiscono sotto inchiesta, ma l’indifferenza — se non la complicità — di una parte consistente dell’opinione pubblica.
C’è chi continua a tenere il sacco a personaggi che si fanno beffe della legge, che trattano la città come una proprietà personale, che usano la cosa pubblica per fini privati.
E c’è chi, ancora peggio, scredita l’impegno della Procura e in particolare del dottore Domenico Airoma, colpevole solo di fare il suo mestiere con serietà e coerenza.
La vera tragedia è questa, una città che sembra assuefatta, anestetizzata, e in alcuni casi perfino grata a chi la svende.
Una cittadinanza che, anziché indignarsi, spesso giustifica o minimizza, come se la legalità fosse un lusso e non la base minima per il vivere civile.
Avellino forse non merita questo. Ma serve il coraggio di dirlo, e di continuare a dirlo, anche quando sembra che nessuno voglia ascoltare.
RDM


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