Giornale d'informazione e commento di quanto accada sul territorio avellinese. Acquisto libri con e-mail: jki74@libero.it

mercoledì 15 ottobre 2025

Avellino: il gioco sporco delle potenze e il silenzio dell’Italia..!

 



C’è un filo rosso che attraversa la politica internazionale degli ultimi anni: quello dell’intervento calcolato, dell’indignazione selettiva e della diplomazia usata come paravento per decisioni già prese altrove. 

Gli Stati Uniti, oggi come ieri, restano al centro di questa rete di potere globale, muovendosi con un tempismo che raramente è frutto del caso.

La strategia è chiara: lasciare che il fuoco divampi, sostenere chi deve fare il lavoro sporco, e intervenire solo quando la devastazione è compiuta, potendo così recitare la parte dei mediatori e dei pacificatori. 

È un copione collaudato, che alterna il pugno di ferro al guanto di velluto, e che permette a Washington di restare arbitro morale dopo aver contribuito al caos.

Nel contesto mediorientale, questa logica ha raggiunto il suo apice. 

L’appoggio militare e politico fornito negli anni scorsi a Israele — potenziato da governi statunitensi che hanno fatto del sostegno incondizionato un pilastro della propria agenda.

Ha di fatto, reso inevitabile una spirale bellica che oggi nessuno vuole più nominare per ciò che è: una tragedia umanitaria e morale di proporzioni storiche. 

Quando la pressione internazionale è diventata insostenibile, è bastato un gesto, una parola da oltre oceano, perché il conflitto rallentasse. 

Non per compassione ma per convenienza. 

Perché ogni cessate il fuoco firmato a telecamere accese si traduce in capitali politici da spendere in patria, in premi simbolici, in posizioni di forza negoziale.

E l’Italia? L’Italia tace. 

O peggio, applaude. Nel panorama internazionale, mai come oggi il nostro Paese appare allineato, privo di voce autonoma, incapace di proporre una visione propria. 

La subalternità non è solo diplomatica, è culturale, mediatica, morale. 

La classe politica, schiacciata tra opportunismo e paura, preferisce la retorica della sicurezza e del signorsì, dimenticando il valore della dignità e dell’indipendenza.

E allora perché Avellino dovrebbe discostarsi da una pratica ormai usuale, che ha coinvolto il peggio della società civile? 

Le trame criminali, le sparatorie, i suicidi e l’utilizzo spregiudicato della cosa pubblica, riaffermano una diabolica tradizione che l’intera area irpina subisce da almeno cinquant’anni. 

È lo specchio di un Paese in cui la corruzione si traveste da efficienza, la complicità da pragmatismo e l’indifferenza da realismo politico.

In questo scenario, l’astensione, il disincanto e la rassegnazione, non sono più solo sintomi di sfiducia, ma il riflesso di un sistema che ha smesso di credere nella propria capacità di cambiare le cose. 

Mentre il mondo si ridisegna sotto la regia delle grandi potenze, e i territori interni si consumano nel silenzio, l’Italia — e con essa Avellino — continua a oscillare tra il servilismo e la resa.

RDM

Nessun commento:

Posta un commento