Ad Avellino, la politica ha assunto toni sempre più simbolici, quasi teatrali.
L’apparizione del ministro Giuli lungo il Corso, in abiti da passerella e con gli stivali a effetto Duce, più che da rappresentanza istituzionale, sembra raccontare bene questa trasformazione.
La politica come scena, come posa, come gesto estetico più che sostanza.
E in questo scenario, l’arruolamento dell’ex sindaco Gianluca Festa nel campo della destra apre interrogativi profondi sul senso e sulla direzione che quella parte politica sta assumendo.
Non è solo questione di opportunità, ma di coerenza. Quando la destra sceglie di includere figure controverse, manda un messaggio ambiguo alla città:
che il consenso conta più della credibilità, e che ogni alleanza è lecita se porta voti.
È una strategia miope, che non costruisce visione ma alimenta scetticismo, proprio mentre la fiducia dei cittadini verso la politica è ai minimi storici.
Lo dimostra il voto in Calabria, dove la destra ha trionfato con un apparente 57%, ma su un corpo elettorale di appena il 40%.
In termini reali, significa che il consenso effettivo si ferma intorno al 5% della popolazione.
Eppure, i titoli celebrano una vittoria plebiscitaria.
È l’effetto ottico della disillusione: vince chi convince pochi, perché la maggioranza non crede più valga la pena partecipare.
Questo paradosso — vincere con l’assenza degli altri — è il vero nodo della politica italiana contemporanea. L’astensione è diventata il più grande partito del Paese, ma nessuno se ne assume la responsabilità.
La politica, chiusa nei propri recinti, continua a parlarsi addosso, mentre fuori le piazze si svuotano e la cittadinanza attiva si dissolve nell’indifferenza.
Avellino, in tutto questo, non è un’eccezione ma uno specchio. La teatralità dei ministri in visita, le ricollocazioni tattiche di chi ha già governato, l’assenza di un progetto condiviso, concorre a trasformare il Capoluogo in una vetrina di potere, più che in una comunità.Finché la politica non tornerà a parlare dei problemi reali — lavoro, servizi, vivibilità — e non restituirà dignità al voto come strumento di scelta, le percentuali resteranno illusioni matematiche.
E chi governa, anche con maggioranze apparenti, rappresenterà solo una frazione del Paese reale.
Avellino, il capoluogo di una provincia meravigliosa, meriterebbe di più di una passerella. Merita una politica che cammini tra la gente, non sopra di essa.
RDM

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