Questa bella foto scattata dal sig. Palumbo per Non sei irpino se...di Luca Del Gaudio, è l'immagine dello sconforto che proviamo nel ricordare l'Avellino di una volta.
In una piazza deturpata e avulsa dal contesto di quello che è la città, le fontane di allora, quelle dei cigni, restano a imperitura memoria, dello scempio che Paolo Foti ha determinato.
Salvata solo una fontana, miracolo, questa diventa il termine di paragone della scelleratezza di progettisti e amministratori, che avrebbero inteso integrare il vecchio con il nuovo.
Ma quello che era, è rimasto un esempio di grande avvedutezza:
chi avrebbe immaginato una regressione tanto profonda da snaturare la città sessant'anni dopo?
chi avrebbe immaginato una regressione tanto profonda da snaturare la città sessant'anni dopo?
Già il Corso è diventato altro, senza una sua caratterizzazione di centro;
non un ristorante o un punto di ritrovo, il commercio in mano a forestieri, e un'immensa desolazione che abbraccia chiunque voglia addentrarsi.
Un'immensa distesa inutile impedita al traffico, che costringe il resto del territorio a soffrire il traffico e l'inquinamento.
Si perpetua da cinquant'anni;
il Municipio sempre più nelle mani di un paio di paesani alto irpini che l'hanno reso uguale a se stessi.
I posti di comando sono stati trasferiti alle ultime file, quelle che ascoltavano senza capire, restando a bocca aperta, mentre una gocciolina di saliva, cadeva dagli angoli della bocca.
E così i vari Cipriano, Foti, De Luca o Famiglietti, diventano espressione massima di ciò che siamo:
loro ci indirizzano e ci traducono l'ovvio, con il sapere del niente e la conoscenza del nulla.
Intanto la città è sporca e le discariche a cielo aperto si moltiplicano, l'acqua, un nostro patrimonio consolidato, è stata ceduta ad altri, e il Teatro, che affligge tanta povera gente senza stipendio che si è fatta il culo, diventa capitolo elettorale nelle mani del piccoletto che l'ha ridotto a pezzi.
Questa è Avellino!
Qualcuno che vive fuori continua ad amarla, pensando di ritrovare quanto aveva abbandonato, qualcun altro invece vorrebbe crocifiggere chi la critica, e altri, ancora, la trovano perfino bella, non conoscendo il significato dell'aggettivo.
Questi sono i giovani vecchi che hanno già capito come giri il mondo:
approfittare della cosa pubblica in ogni sua parte, patrimonio e denaro...!
E noi poveri imbecilli che abbiamo sempre pagato di tasca ogni iniziativa, e se ci concedevano l'utilizzo di qualche struttura ci costava fior di quattrini.
A parte la lingua italiana, che è proprio difficile (che c'entra bigotto?), ma se questa gente se ne andasse fuori dalle scatole (...poveri ragazzi fuggite dall'ospizio...), dice questo giovane per sempre, che però, è un vecchio furbone che ama chi s'approfitti della comunità, riusciremmo a ricostruire una società malata, che certo non avrà un futuro di dignità, con simili premesse.
Il fatto è, signori, che se tutto va bene, stamm'onguaiati..!
RDM
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