Al centro, il Procuratore Capo, dott. Rosario Cantelmo. |
Avellino e
la sua illegalità diffusa, potrebbe essere paragonata a mafia capitale.
Eh, dirà
qualcuno, vuoi mettere quanto è accaduto e accade a Roma con quello che si
verifica nel capoluogo?
Si, con i
dovuti distinguo perché non ci sono i Casamonica o gli Spada, ma modestamente nel
nostro piccolo, come hanno più volte
denunciato le cronache, non ci facciamo
mancare niente.
E anzi, se
Ignazio Marino non era indagato, il nostro sindaco ha più avvisi di garanzia
che capelli;
e se l’Ama e
le partecipate romane hanno i quadri in galera, le cooperative sotto inchiesta
con i gestori agli arresti, qual è la differenza con Avellino?
Beh,
proporzionalmente, stiamo messi meglio noi: pensate siamo poco più di 55 mila, Roma
quasi 3 milioni, quindi 1/54 della capitale…!
Abbiamo due sole
partecipate , ma entrambe sotto inchiesta: 100%...!
I capi delle
coop con divieto di domicilio nel capoluogo, sono in attesa di essere
interrogati, e l’Asl si è pubblicizzata egregiamente nel Paese con la vergogna
del cartellino.
E non è
finita: gli alloggi, le occupazioni, gli incarichi, i bilanci, i revisori, i
dirigenti, le associazioni, sono solo la punta di un iceberg che potrebbe contrassegnare
Avellino ai primi posti nazionali per illegalità, come siamo primi in Italia
nella ben triste classifica dei suicidi…!
Direte, ma
qui da noi non abbiamo Ostia e Tor Bellamonica, la sera possiamo passeggiare
tranquillamente dovunque;
sbagliato,
non è vero!
Dimentichiamo
gli episodi che hanno visto due giornalisti aggrediti brutalmente e
sanguinosamente, o la ruota allentata sotto l’auto di chi scrive?
Il fatto è
che il Procuratore Cantelmo ha visto lungo con la sua descrizione del
territorio, subito stigmatizzata da avvocati o amministratori di parte: questa
è la triste realtà che un sindaco inutile e una giunta inqualificabile,
vogliono nascondere.
Ma destare l’attenzione,
evitando di nascondere la testa sotto la sabbia, è il nostro dovere, e chi non vuole
farsi carico del reale, sbeffeggiando o deridendo, non è altro che il complice di un andazzo
vergognoso che non si vuole combattere.
RDM
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