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domenica 26 ottobre 2025

Avellino: rimane solo l'amarezza dell'emergenza e l'approssimazione amministrativa.


Chiudere le scuole irpine solo perché il giorno precedente — venerdì 24 ottobre —, si è registrata una lieve scossa di terremoto con epicentro a Grottolella, rappresenta l’ennesima banalità amministrativa a cui questa terra sembra ormai abituata.

La scossa è stata avvertita appena, nessun danno, nessuna reale emergenza. 

La gente ha continuato il pranzo, ha commentato l’episodio con la consueta leggerezza, e poi la vita è andata avanti.

Eppure, puntuale come un riflesso condizionato, è arrivata la decisione: scuole chiuse.

La seconda alle  21.50 di sabato notte, nonostante fosse di magnitudo 4, molti non l'hanno neanche avvertita, ma ecco che ci fasciamo la testa prima di rompercela.

È la sindrome dell’approssimazione, ogni minima scusa diventa un motivo per sospendere la normalità, persino l'allerta meteo che resta una mera probabilità, ha una propria valenza..!

A volte sono gli studenti a spingere per la chiusura, altre volte i sindaci a cedere alla paura del consenso o alla burocrazia del meglio evitare.

Il risultato, però, è sempre lo stesso, la cultura resta a casa, mentre l’irresponsabilità occupa i banchi.

In Irpinia, dove le vere emergenze — infrastrutture, lavoro, servizi — vengono affrontate con lentezza cronica, si reagisce con zelo solo di fronte a un evento che non richiederebbe alcuna misura straordinaria.

E così, tra un’allerta e un’ordinanza, si consolida la sensazione che l’eccezione sia diventata la regola e che la prudenza, travestita da precauzione, sia ormai solo un alibi per non decidere con criterio.

Avremmo apprezzato la stessa sollecitudine mostrata nel chiudere le scuole anche nell’affrontare questioni davvero urgenti, come l’annosa ansia per il centro per l’autismo, che da anni attende risposte concrete e non solo promesse di rito.

Oppure al pronto soccorso, dove ogni giorno si combatte contro carenze strutturali, personale insufficiente e tempi d’attesa indegni di una sanità moderna.

O ancora nelle liste d’attesa, sempre più lunghe e farraginose, che il governo — con un tocco di furbizia burocratica — vorrebbe azzerare semplicemente mescolandole con quelle dell’intramoenia, come se bastasse spostare i numeri per curare le persone.

Invece no, la rapidità si manifesta solo quando c’è da chiudere, sospendere, rinviare.

Per tutto il resto, regna l’abitudine all’attesa, la cronica lentezza di chi non sa o non vuole decidere.

Siamo diventati un territorio in cui l’allarme è immediato e la soluzione è eterna, vedi le cause nei tribunali che partono dai genitori per finire con i nipoti...se fortunati..!

Si reagisce con zelo solo a ciò che non serve, mentre ciò che davvero conta — la salute, i diritti, la dignità dei cittadini — resta in lista d’attesa.

RDM


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