La nuova strategia per zittire la stampa libera è quella di portarla in giudizio senza interuzioni di continuità, i ricconi fanno fede sulle proprie sostanze e sulla risicata possibilità econmica del professionista.
Un fenomeno che in ambito giornalistico e legale viene definito SLAPP, acronimo di Strategic Lawsuit Against Public Participation, cioè causa strategica contro la partecipazione pubblica.
In pratica i potenti o i soggetti con grandi risorse economiche usano azioni legali ripetute, costose o intimidatorie per zittire o scoraggiare la stampa indipendente, anche quando sanno di non avere reali possibilità di vincere in tribunale.
L’obiettivo non è ottenere giustizia, ma esaurire economicamente e psicologicamente il giornalista o il piccolo editore, costringendolo all’autocensura.
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha riconosciuto questo rischio e ha avviato misure per contrastarlo, tra cui la direttiva anti-SLAPP (approvata nel 2024), che mira a proteggere i professionisti dell’informazione e gli attivisti da queste cause temerarie.
I giornalisti e le piccole testate sono spesso lasciati soli davanti a questo tipo di pressione economica e giudiziaria.
Dal 2024 l’UE ha approvato la direttiva anti-SLAPP, che consente al giudice di respingere rapidamente le cause chiaramente infondate o abusive.
Condannare il querelante a pagare le spese legali e un risarcimento per l’abuso del processo.
Anche se la direttiva deve ancora essere recepita in Italia, entro il 2026, può già essere invocata come principio europeo nelle cause civili o penali legate alla libertà di stampa.
Un punto molto interessante è la differenza tra la spettacolarizzazione di un presunto abuso e la sua analisi ragionata.
In effetti, nel dibattito pubblico e mediatico capita spesso che le accuse, soprattutto se coinvolgono figure politiche o magistrati, vengano amplificate fino a trasformarsi in scontro ideologico più che in riflessione sui fatti.Un aspetto cruciale è la distinzione fra volontà diffamatoria dalla critica legittima.
Sempre più spesso bisogna misurare le parole.
Basta una sfumatura, un’espressione poco accorta, per rischiare di offendere qualcuno, pur senza intenzione.
In questo clima, il linguaggio diventa terreno minato, si parla con cautela, non per rispetto, ma per paura di toccare nervi scoperti.
La linea è sottile, ma fondamentale, anche per chi giudichi a volte con superficialità o per mero pregiudizio.
Non basta leggere le carte, serve capire il contesto, l’intento comunicativo e l’effetto concreto delle parole.
RDM
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