Rosario Cantelmo, napoletano, dimostra che essere uomini non è prerogativa di molti, anzi quei
pochi che lo rimangono nonostante le difficoltà della vita o un’agiatezza fuorviante,
sono forza e dignità in un Paese di corrotti.
La corruzione purtroppo, non è solamente quella che
materialmente avviene, ma fa parte di un bagaglio culturale che ormai abbiamo
metabolizzato: rubare, truffare, prevaricare, è un modo di fare e d’essere
quotidiano.
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Chi può aiutare e non lo fa, è un corrotto, chi può
denunciare e non lo fa, è un corrotto, chi si gira dall’altra parte…è un
corrotto.
E’ la morale la grande assente, una molla che impediva di
essere scorretti nelle azioni, fossero anche le più piccole come sporcare la
via pubblica o rovinare le aiuole: spiegare queste cose diventa pleonastico.
Ma un Procuratore della Repubblica non contaminato, sente l’odore
della sofferenza senza sorridere.
Il dott. Cantelmo non gode davanti all’inutilità della
cattiveria, si rattrista provando a condividere il dolore e la disperazione di
un invalido che una Luce ha voluto fosse la sua voce: la telefonata ad un
fratello sfortunato per ricordargli di non essere più solo, ha un sapore che
non so definire, né potrei farlo.
Grazie.
RDM
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